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Biomateriali: l’alternativa rinnovabile della natura

Biomateriali: l’alternativa rinnovabile della natura
Alina Donets - Portfolio Manager

Alina Donets

Portfolio Manager
Pascal Menges - CLIC Equities, CIO Office

Pascal Menges

CLIC Equities, CIO Office

 

Le sostanze chimiche sono utili, ma sono anche dannose e ad uso intensivo di risorse. I biomateriali fanno parte della chimica verde, che rappresenta un’alternativa non pericolosa ed efficiente dal punto di vista delle risorse, dischiudendo un enorme potenziale.

 

Messaggi importanti

  • In tutto il mondo le sostanze chimiche sono una componente importante dell’economia, ma si basano in larga misura sull’estrazione di combustibili fossili e di minerali e generano inquinamento dannoso
  • I composti chimici e gli enzimi di origine biologica (o biomateriali) possono essere utilizzati come alternativa alle sostanze chimiche derivate dai combustibili fossili e al tempo stesso promuovono la transizione a una bioeconomia circolare e favoriscono la stabilità dei prezzi e dell’economia tramite una maggiore indipendenza da risorse limitate
  • Le alternative naturali non pericolose basate su risorse biologiche rinnovabili stanno conquistando rapidamente quote di mercato e sostengono gli ecosistemi, anziché contribuire all’esaurimento delle risorse

 

I biomateriali e la bioeconomia circolare

Attualmente la bioeconomia circolare – fondata su risorse biologiche rinnovabili, gestite in modo sostenibile, recuperate e riutilizzate il più possibile – sostiene fino al 6-7% circa dell’attività economica, ma potrebbe arrivare al 30%.1 Tenendo conto di tutti i prodotti e le applicazioni che grazie all’innovazione potrebbero fare uso di biomateriali, anziché di minerali o alternative non rinnovabili, la natura potrebbe fornirci fino al 60% dei nostri input economici.2

I composti chimici e gli enzimi di origine biologica (o biomateriali) possono essere utilizzati come alternativa alle sostanze chimiche derivate dai combustibili fossili. Poiché fanno leva sulle capacità rigenerative della natura, non sono pericolosi per l’essere umano e gli ecosistemi e non dipendono dall’estrazione di risorse. A lungo termine lo sfruttamento delle proprietà autorigeneranti della natura tramite l’uso di materiali di origine biologica può alleviare buona parte delle pressioni e dei danni agli ecosistemi, oltre a migliorare l’accesso a importanti input economici su scala globale.

La nostra strategia Natural Capital sfrutta le opportunità di crescita legate alla forza rigenerativa della natura e alla sua tutela mediante l’adozione di forme più snelle di attività industriale. I biomateriali sono allineati alla bioeconomia circolare, che è uno dei quattro temi in cui suddividiamo le opportunità di crescita all’interno della nostra strategia.

 

FIG. 1 I quattro temi d’investimento alla base della strategia Natural Capital

Fonte: LOIM. A soli fini illustrativi.

 

Le sostanze chimiche sono un business importante

In tutto il mondo le sostanze chimiche vengono impiegate in innumerevoli applicazioni industriali e casalinghe e riguardano diversi aspetti della vita quotidiana. Sono utili, ma l’impiego smodato che ne facciamo è sostenibile?

La capacità mondiale di produzione di composti chimici è quasi raddoppiata dal 2000 al 2017, passando da 1,2 a 2,3 miliardi di tonnellate, per un valore complessivo dell’industria di oltre USD 5’000 miliardi. Nel commercio globale vengono utilizzate da 40’000 a 60’000 sostanze chimiche industriali3. A fronte della crescita di settori ad alto uso di prodotti chimici, come l’edilizia, le automobili e l’elettronica, il valore dell’industria chimica dovrebbe nuovamente raddoppiare entro il 2030 a USD 10’000 miliardi.

 

Un’industria inquinante e ad alto uso di risorse

La massiccia estrazione di combustibili fossili e minerali è essenziale per la produzione tradizionale di4:

  • prodotti petrolchimici e materiali derivati, come gli stireni utilizzati negli imballaggi in plastica e nei prodotti di consumo usa e getta
  • prodotti chimici di consumo, come i detersivi
  • specialità chimiche, come i coloranti di ampio utilizzo nell’industria tessile e in altri settori
  • prodotti inorganici di base, come i fertilizzanti
  • polimeri, come le plastiche durevoli di vasto utilizzo

Nel 2015 sono stati usati quasi 1’700 milioni di tonnellate di materie prime e reagenti secondari per produrre 820 milioni di tonnellate di prodotti chimici.

Le sostanze chimiche rappresentano anche una fonte dannosa di inquinamento. Circa il 62% dei 345 milioni di tonnellate di prodotti chimici usati nell’Unione europea (UE) nel 2016 era pericoloso per l’essere umano5. Molti composti chimici e i relativi rifiuti hanno proprietà nocive e la loro cattiva gestione porta all’inquinamento di milioni di tonnellate di aria, acqua e terreni, che rappresenta una delle prime cause di malattia e morte prematura delle persone e arreca danni simili a molti altri organismi viventi. Secondo stime ufficiali, nel 2016 le patologie causate da certe sostanze chimiche hanno provocato 1,6 milioni di morti e un’attesa di vita corretta per disabilità di 44,8 milioni di anni.

 

Danni all’equilibrio planetario

Nel 2016 il 35% delle sostanze chimiche usate nell’UE era dannoso per l’ambiente terrestre e acquatico6. Ad esempio, l’inquinamento da plastica è una causa nota di mortalità delle forme di vita marine e danneggia anche gli animali terrestri. L’inquinamento chimico minaccia vari servizi degli ecosistemi che sono vitali per la stabilità economica e ambientale, contribuendo alla formazione di zone morte negli oceani, danneggiando gli impollinatori, accelerando la resistenza agli antimicrobici e deteriorando le barriere coralline.

A causa della portata dell’inquinamento agrochimico e dei rifiuti tossici causati dalle attività umane, questi due confini planetari sono stati superati. Usiamo il quadro dei confini planetari per definire le varie dimensioni attraverso le quali il modello economico può generare un impatto sul capitale naturale7.

 

FIG. 2 I confini planetari dei rifiuti tossici e dell’inquinamento agrochimico sono stati superati

Fonti

Analisi di LOIM; basata su Rockstrom et al (2015) e aggiornata secondo il rapporto Transformation is Feasible di Randers, Rockstrom et al (2018).  A soli fini illustrativi
1) IPCC Global Warming of 1.5C report (2019)
2) World Wildlife Fund and Boston Consulting Group (2015)
3) BBC/EPA
4) FAO (2015)
5) UNEP (2016)
6) Living Planet Index
7) OECD (2016)
8) Trucost (2013)

 

Un’alternativa non pericolosa

Esistono alternative naturali non pericolose basate su risorse rinnovabili, che stanno conquistando rapidamente quote di mercato e sostengono gli ecosistemi, anziché contribuire all’esaurimento delle risorse.

La ricerca nel settore della chimica verde ha fatto grandi passi avanti nell’ultimo decennio grazie alle normative favorevoli, alla maggiore consapevolezza e alla domanda dei consumatori, favorendo il progresso in numerosi ambiti, quali i prodotti chimici di origine biologica, le materie prime rinnovabili, la sicurezza dei solventi e dei reagenti, i polimeri verdi e l’economia dell’atomo.

Il valore di mercato della chimica verde globale è stato calcolato in oltre USD 11 miliardi nel 20158 e nel 2019 è arrivato a rappresentare il 14% del mercato complessivo dei composti chimici.9 La pandemia non ha frenato questo sviluppo: secondo alcune analisi, la chimica verde dovrebbe registrare un CAGR del 6,6-11,5% nel periodo 2020-2025.

Poiché l’accesso ai prodotti chimici tradizionali diventa sempre più difficile e instabile, le alternative di origine biologica possono anche contribuire a stabilizzare le filiere, le capacità produttive e, a lungo termine, perfino il rischio di pressioni inflazionistiche.

 

Enzimi: catalizzatori naturali

Gli enzimi fanno parte della chimica verde. Si tratta di proteine che agevolano reazioni chimiche specifiche e costituiscono la base del metabolismo. Accelerano i processi biochimici, aumentandone l’efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse. L’uomo usa gli enzimi per ottenere reazioni biochimiche da migliaia di anni: un esempio è la fermentazione dei raccolti per produrre vino e birra.

Come sostituti dei prodotti petrolchimici, gli enzimi vengono impiegati in numerose applicazioni commerciali, come la produzione di biocarburanti, detersivi, alimenti ad uso umano e animale e sostanze chimiche di origine biologica. Agevolando le reazioni biochimiche, gli enzimi riducono direttamente l’utilizzo di prodotti petrolchimici. Inoltre, gli enzimi e i loro componenti e derivati sono biodegradabili e riducono quindi i rifiuti industriali che altrimenti finirebbero nelle discariche.

 

Potenziale di crescita latente

Esistono oltre 4’000 tipi di enzimi riconosciuti, ma si stima che in natura ne esistano più di 25’000 tipi diversi. Dato che il 90% non è ancora stato classificato, il potenziale di innovazione e crescita è enorme.

Nel segmento dei biomateriali della bioeconomia circolare sono attive società che sviluppano o forniscono soluzioni allineate alle industrie di crescita dei composti chimici di origine biologica e degli enzimi. A nostro avviso queste aziende generano grandi opportunità di crescita allineate con l’obiettivo di preservare la natura e sfruttare le sue proprietà rigenerative.

 

Fonti

[1] Fonte: “Investire nella natura su larga scala”, parte delle sessioni “ora zero” di Lombard Odier alla COP26 (novembre 2021).
[2] Fonte: “The Bio Revolution: Innovations transforming economies, societies, and our lives”, pubblicato da McKinsey Global Institute a maggio 2020.
[3] Fonte: “Global Chemicals Outlook II,” pubblicato dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite nel 2019.
[4] Fonte: “LCA of Chemicals and Chemical Products” di Fantke ed Ernstoff. Pubblicato in Life Cycle Assessment nel 2018.
[5] Fonte: “Consumption of hazardous chemicals”, pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente nel 2018 (aggiornato nel 2019).
[6] Fonte: “Consumption of hazardous chemicals”, pubblicato dall’Agenzia europea dell’ambiente nel 2018 (aggiornato nel 2019).
[7] “Outside the Safe Operating Space of the Planetary Boundary for Novel Entities” di Linn Persson et al. Pubblicato dall’American Chemical Society nel 2022.
[8] “The $100 billion case for safer chemistry” di Libby Bernick. Pubblicato da GreenBiz nel 2016.
[9] “Green chemistry: a strong drive of innovation, growth and business opportunity” di Jay Golden, PhD et al. Pubblicato nel 2021 dalla University of Massachusetts Lowell e dal Lowell Center for Sustainable Production.
 

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