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Invertire la rotta sulla plastica
L’inquinamento da plastica è diventato una minaccia imminente per il capitale naturale; mette in pericolo la biodiversità e crea pressioni sulla tenuta e la stabilità a lungo termine dei sistemi naturali e dell’economia globale. Si tratta di una grande sfida di sostenibilità, legata interamente alle azioni dell’uomo, che richiede interventi rigorosi e coordinati a diversi livelli delle attività industriali e antropiche.
La plastica è un materiale ormai onnipresente, utilizzato in molti settori per applicazioni fondamentali. In particolare, la sua proliferazione in applicazioni monouso e di breve durata ha portato a un enorme aumento dell’inquinamento da plastica. Altri utilizzi, ugualmente minacciosi, sono legati alle attività industriali e alla produzione e impiego di tessili sintetici che hanno generato livelli inaccettabili di inquinamento da nanoplastiche. La quantità di plastica non biodegradabile negli oceani ammonta, secondo stime correnti, a 150 milioni di tonnellate e questa tendenza sembra destinata ad accelerare. I soli rifiuti plastici immessi negli oceani ogni anno sono all’incirca 11 milioni di tonnellate, un flusso destinato a raggiungere i 29 milioni di tonnellate l’anno entro il 2040, il triplo rispetto ad oggi.
L’effetto nocivo dell’inquinamento da plastica sugli ecosistemi oceanici è innegabile. I rifiuti plastici incidono sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica e possono danneggiare gravemente il funzionamento degli ecosistemi. È noto, ormai, che 800 specie – comprese le tartarughe di mare e quasi la metà degli uccelli marini – sono minacciate dal flusso apparentemente inarrestabile di rifiuti plastici scaricati nella biosfera. Anche la catena alimentare è esposta ai danni letali e sub-letali provocati dall’inquinamento da plastica e contaminanti associati. Questa vulnerabilità è solo accentuata da fattori aggiuntivi quali il cambiamento climatico e lo sfruttamento eccessivo delle risorse marine.
In Lombard Odier, abbiamo individuato otto principali sfide di sostenibilità che minacciano la stabilità del sistema economico globale, oltre che la tenuta ambientale e sociale e che, se affrontate, contribuirebbero alla creazione del modello cosiddetto CLIC™, ovvero un’economia circolare, snella, inclusiva e pulita (Circular, Lean, Inclusive, Clean). Riteniamo che queste sfide richiedano un’azione mirata – sotto forma di aggiustamenti sia dei sistemi economici che del comportamento umano – e che pertanto costituiscano un’ importante opportunità d’investimento.
La proliferazione delle scorie di plastica incombe sulla sfida di azzeramento dei rifiuti del modello CLIC™. Quello dei “rifiuti zero” è un obiettivo fondamentale senza il quale nessun modello economico potrà essere sostenibile. Oggi, i flussi di rifiuti crescono a una velocità doppia rispetto all’incremento demografico e raggiungeranno 3,4 miliardi di tonnellate entro il 2050. Una gestione dei rifiuti più efficiente potrebbe non solo generare miliardi in termini di valore economico, ma consentire anche di beneficiare del cambiamento dei fattori economici attraverso l’eliminazione delle emissioni di anidride carbonica. Gestione e riciclo dei rifiuti, soluzioni circolari e di sostituzione della plastica, come anche servizi di riparazione e produzione di una maggiore quantità di beni durevoli che minimizzano l’impiego della plastica sono tutte attività in grado di offrire opportunità d’investimento.
Iniziative normative e politiche
Gli effetti nocivi che i rifiuti plastici producono sull’ambiente e la salute hanno indotto i governi e le autorità di regolamentazione di tutto il mondo a intervenire. Ad esempio, negli ultimi anni l’UE, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Cina hanno annunciato misure volte a ridurre l’impiego di prodotti e imballaggi di plastica. Il piano d’azione per l’economia circolare dell’UE è uno dei capisaldi della nuova agenda europea per la crescita sostenibile e afferma l’esigenza di un approccio concertato per affrontare il problema dell’inquinamento da plastica a livello globale. La Commissione propone requisiti obbligatori per contenuti riciclati e misure di riduzione dei rifiuti per prodotti fondamentali quali gli imballaggi. La Strategia europea per la plastica ha riconosciuto e accordato priorità all’esigenza di sviluppare materie plastiche più intelligenti e riciclabili, di introdurre maggiore efficienza nei processi di riciclo e di tracciare e rimuovere sostanze pericolose e contaminanti dalle plastiche riciclate.
La Convenzione sulla diversità biologica dell’ONU ha anche rivelato l’esistenza di una proposta di piano, tipo Accordo di Parigi, per arrestare la perdita di biodiversità. Il piano afferma l’esigenza che “si intraprendano azioni politiche urgenti a livello globale, regionale e nazionale per trasformare i modelli sociali, economici e finanziari così che le tendenze che hanno acuito la perdita di biodiversità possano stabilizzarsi nei prossimi dieci anni e consentire agli ecosistemi naturali di recuperare nei successivi vent’anni”. Il piano contiene 21 obiettivi mirati all’azione per interventi urgenti da portare a termine entro il 2030, compreso l’azzeramento degli scarichi di rifiuti plastici per ridurre i danni alla biodiversità, alle funzioni dell’ecosistema e alla salute umana.
Rischi e opportunità
La plastica è in procinto di diventare un materiale fortemente regolamentato, una tendenza che creerà vincitori e vinti. Le aziende che scelgono di non intervenire sulla propria produzione di materiali plastici rischiano di alienarsi una quota considerevole di consumatori che sono diventati più intransigenti su questo fronte. Oltre la metà dei consumatori statunitensi ha espresso preoccupazione per l’impatto che gli imballaggi hanno sull’ambiente, mentre il 60-70% ha dichiarato di essere disposto a pagare di più per imballaggi sostenibili. Un’indagine distinta ha scoperto che il 91% dei consumatori si preoccupa dei problemi legati ai rifiuti plastici, anche se tale preoccupazione non ha ancora trovato pieno riscontro nelle abitudini di acquisto.
Anche importanti marchi di beni di consumo – notoriamente impegnati a ridurre gli imballaggi di plastica, o a sostituirli con altri materiali – si allineeranno su questa direzione di marcia. Inoltre, una maggiore pressione normativa incentiverà i fornitori e i produttori a trovare alternative alla plastica. È nostra convinzione che l’industria della carta e della cellulosa, ad esempio, sia ben posizionata per sfruttare a proprio vantaggio la transizione verso materiali diversi dalla plastica.
Guidare la cordata
Alcune aziende in cui abbiamo investito nell’ambito della nostra strategia Natural Capital hanno compiuto progressi dimostrabili nel ridurre la quantità di plastica utilizzata negli imballaggi. Marks & Spencer, ad esempio, ha già incorporato questa priorità nella sua agenda per la sostenibilità e persegue al momento obiettivi reali di riduzione della plastica e riciclabilità degli imballaggi. M&S sostiene che, oggi, più dei tre quarti degli imballaggi di plastica sono riciclati e che il suo obiettivo è raggiungere il 100% nel 2022.1
Un altro aspetto fondamentale della riduzione dell’inquinamento da plastica è la creazione di capacità di gestione, raccolta e trattamento dei rifiuti per garantire che l’eventuale materiale plastico ancora immesso nei flussi dei rifiuti sia efficacemente raccolto e riciclato. Veolia ed Hera sono leader di settore nelle regioni in cui operano e si occupano prevalentemente di offrire servizi di gestione dei rifiuti all’intera filiera. Veolia ha dichiarato che è suo obiettivo riciclare 610’000 tonnellate all’anno entro il 2023, a fronte delle 350’000 del 2019. La società è un membro fondatore dell’Alliance to End Plastic Waste che si è impegnata collettivamente a versare USD 1,5 miliardi per la campagna di eliminazione dei rifiuti plastici. Hera, dal canto suo, ha siglato un accordo con NetChem per costruire un impianto di riciclo della plastica capace di produrre fino a 30’000 tonnellate l’anno di polimeri contenenti riciclati.1
La soluzione intermedia consiste nel riutilizzare i prodotti plastici e prolungarne la durata, un’area in cui le aziende che producono beni di consumo elettronici – ad esempio il gruppo SEB – fanno da traino, con dinamiche promettenti. SEB è impegnata ad allungare la vita operativa dei suoi elettrodomestici, il che riduce la quantità di rifiuti contenenti plastica difficili da riciclare. Inoltre, il gruppo mira ad azzerare entro il 2030 gli imballaggi in plastica e il polistirolo espanso e a utilizzare per tutti gli imballaggi almeno il 90% di fibre riciclate.1
L’inquinamento da plastica rappresenta solo una delle sfide legate alla conservazione e alla riparazione del capitale naturale, ma è anche un’importante area d’interesse. L’azione dei governi e la pressione normativa stanno incidendo sulla presenza della plastica nella catena di fornitura e i consumatori stanno modificando le proprie scelte a vantaggio delle aziende che si sforzano di affrontare questa sfida in modo proattivo. Le soluzioni potenziali oggi disponibili potrebbero, a nostro avviso, produrre effetti concreti. Il processo di transizione verso un mondo che penalizza l’uso diffuso della plastica creerà immancabilmente vincitori e vinti, offrendo di conseguenza opportunità d’investimento interessanti.
Fonti
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