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Come nascono le convinzioni nella circolarità

Come nascono le convinzioni nella circolarità

Se si guarda la problematica nel suo insieme, è evidente che la transizione verso la sostenibilità è trainata da temi che sono interconnessi. Nel ricercare opportunità, emerge con chiarezza quanto identificare gli investimenti effettivamente sostenibili sia un esercizio complesso, che richiede l’analisi delle attuali practice industriali, degli orientamenti politici e dei cambiamenti sistemici che stanno “ricablando” l’economia. Sono questi i messaggi principali lanciati da investitori e ricercatori che hanno partecipato al Transition Investment Summit di Londra. 

 

Da sapere

  • Gli investitori istituzionali stanno integrando gli investimenti a tema climatico con quelli focalizzati sul capitale naturale e sulla circolarità sia nei public che private market
  • La circolarità non è solo fondamentale per la sostenibilità ambientale, ma svolge un ruolo di primo piano nel promuovere maggiore produttività e sviluppo economico
  • I sistemi idrici e l’acquacoltura rappresentano ottimi casi studio che evidenziano quanto sia complesso individuare le opportunità di crescita che accelerano la transizione verso la sostenibilità

 

Coniugare natura e clima

Come relatore al Summit, Jennifer Devine, Responsabile del Wiltshire Pension Fund, ha descritto l’approccio multitematico alla sostenibilità adottato dal Fondo inglese. Nell’intento di migliorare la resilienza del portafoglio, il Fondo investe in azioni sostenibili legate al clima e al capitale naturale, in infrastrutture locali per energia rinnovabile e in titoli di debito pubblici e privati legati alla transizione dei mercati emergenti.

Devine afferma: “Ci interessano asset in grado di catturare il carbonio e società, piccole e grandi, che trarranno vantaggio dalla transizione. Il prossimo obiettivo sarà scommettere sulla natura”. “Stiamo puntando sulla sostenibilità sotto ogni profilo”.

Sustainability journeys

L’Environment Agency Pension Fund, un altro fondo inglese, ha destinato il 17% del suo portafoglio alle soluzioni climatiche e il 4% agli investimenti in capitale naturale, che devono dare evidenza dei benefici a favore della natura. Becky LeAnstey, Investment Manager, ha dichiarato: “La scienza ci dice che non possiamo risolvere il problema del clima senza risolvere quello della natura, e le interconnessioni tra i due hanno radici profonde”. “Investire in modo sostenibile significa pensare fuori dagli schemi, alle interconnessioni e a come si realizzano”.

Da quando ha fissato l’obiettivo net-zero entro il 2037, il City and County of Swansea Pension Fund ha ridotto del 50% la sua esposizione al carbonio e investe in asset legati al capitale naturale quali, ad esempio, un impianto locale di biomassa che ricicla il legno altrimenti destinato alla discarica. “Offre lavoro a circa 60 persone, offre sicurezza energetica a circa 110’000 famiglie e, a mio avviso, ha creato più interazioni tra gli stakeholder – iscritti, sindacati e datori di lavoro – di qualsiasi altro investimento da noi realizzato in precedenza”, ha commentato Jeffrey Dong, Resposabile del fondo gallese. 

“Lavoro in questo campo da ormai 20 anni e gli ultimi sei sono stati quelli più stimolanti non solo dal punto di vista dell’interesse e dell’impatto a livello locale, ma anche in termini di valore degli assets”.
 

Sfruttare la circolarità

Abbiamo anche analizzato l’investimento nella natura come asset reale, ossia il ruolo fondamentale del capitale naturale e della biodiversità per un pianeta sano e un’economia ben funzionante e le opportunità d’investimento che scaturiscono dal passaggio da un approccio estrattivo a rigenerativo nelle catene del valore di specifiche soft commodity.

Secondo Alina Donets, Portfolio Manager della strategia Circular Economy di LOIM, la circolarità delle risorse è fondamentale per questa transizione e le aziende lungimiranti possono trarne vantaggio. “Non riuscendo a svincolare l’utilizzo dei materiali dall’attività economica, abbiamo ignorato la produttività delle risorse e messo un freno a un’ulteriore crescita”, ha dichiarato Alina Donets sottolineando come il rapido impoverimento della biodiversità sia legato alla produttività economica e allo sviluppo.

“Non riuscendo a svincolare l’utilizzo dei materiali dall’attività economica, abbiamo ignorato la produttività delle risorse e messo un freno a un’ulteriore crescita”.

E ha aggiunto: “Dobbiamo cambiare radicalmente il modo in cui la nostra economia utilizza le risorse, così da fermare i danni e consentire alla natura di autorigenerarsi”. Ciò richiede una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse in tutte le catene del valore al fine di ridurre la domanda di materiali vergini, aumentare la produttività, incrementare l’utilità nella fase di utilizzo, oltre all’espansione della bioeconomia che consente alle risorse naturali di autorigenerarsi.

Le opportunità di crescita accessibili alle aziende impegnate a migliorare la qualità e l’utilizzo efficiente delle risorse idriche nella nostra economia indicano come la circolarità promuova la produttività e l’integrità ambientale. Felix Philipp, PhD, Senior Research Analyst, Materials & Circularity Lead di LOIM, sostiene che i sistemi idrici sono “estremamente lineari, inefficaci e inquinanti” e contribuiscono alla violazione dei confini planetari da parte dell’uomo.

Secondo Philipp, l’uso inefficiente delle risorse idriche è un problema globale: nel mondo sviluppato fino al 25% dell’acqua distribuita non raggiunge i consumatori, mentre più di 2 miliardi di persone nei mercati emergenti non hanno accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari, il che aggrava la loro vulnerabilità rispetto a eventi meteorologici estremi. L’inquinamento è cronico in quanto più del 60% delle acque reflue finisce assorbito dall’ambiente senza che siano state filtrate e trattate, contribuendo all’inquinamento, alla perdita di biodiversità e a problemi di salute pubblica.

Phillipp sostiene che “tali sfide siano state determinate, accentuate e persino generate da un’errata tariffazione dell’acqua, dalla mancata prezzatura delle esternalità e da un notevole aumento della domanda di questa risorsa preziosa”.

Inoltre – prosegue – la domanda di acqua è sestuplicata negli ultimi decenni e dovrebbe aumentare del 40% entro il 2030. “A che punto siamo? È evidente che il nostro attuale sistema idrico è ormai al limite”.

Philipp ha anche illustrato in che modo le autorità di regolamentazione stiano delineando quadri normativi per aumentare l’offerta di acqua e il prezzo dell’inquinamento, facendo cadere gli oneri sui soggetti responsabili. Anche le infrastrutture idriche sono oggetto d’investimento, con il conseguente consolidamento di tecnologie digitali che possono monitorare e gestire l’acqua con maggiore efficienza.

 

Soluzioni in cui investire

Come possono le soluzioni circolari fare da traino alle opportunità d’investimento nel settore delle risorse idriche? Philipp ha affrontato questo aspetto individuando in primo luogo i principali ambiti di attività delle imprese che coprono tutti i segmenti della catena del valore: dagli enti di erogazione, ai fornitori di soluzioni di trattamento delle acque, alle società ingegneristiche responsabili di gestire in modo sostenibile le infrastrutture idriche e gli ecosistemi, compresi i progetti di decontaminazione del suolo e depurazione delle acque.

Gli investitori focalizzati sulla circolarità possono trovare opportunità d’investimento nelle nicchie che sostengono la rigenerazione di risorse naturali come l’acqua, essenziali per la vita del pianeta. Philipp ha posto l’accento su numerose aree di attività, compresa la digitalizzazione dell’acqua che consente di migliorare in modo significativo l’uso efficiente delle risorse idriche e la loro distribuzione. Un altro importante settore di attività che affronta il problema degli inquinanti tradizionali e dei composti chimici emergenti, fonte di nuove preoccupazioni, è quello delle soluzioni avanzate di trattamento delle acque capaci di filtrare le sostanze inquinanti. Analogamente, gli apparecchi di misurazione della qualità sono indispensabili per l’analisi avanzata dell’acqua e per migliorare le infrastrutture comunali e industriali in mercati maturi come gli Stati Uniti e l’Europa.

Phillipp ha concluso il suo intervento asserendo che le società che operano in questi settori cercano di “sfruttare al massimo tali opportunità e di accelerare la transizione verso un sistema idrico più circolare”.

 

Verde, grigio o rosso?

Acquacoltura, centri dati e prodotti agricoli geneticamente modificati: in che modo un investitore sostenibile dovrebbe valutare e classificare queste attività? Nel corso del vertice, i dibattiti hanno cercato perlopiù di valutare queste attività controverse per comprendere quale sia il loro contributo alla transizione sostenibile.

In effetti, non è sempre facile definire il confine tra imprese che accelerano o meno la transizione. In casi del genere, gli investitori devono valutare le attività delle aziende in termini di contributo positivo e di potenziale impatto negativo. Talvolta, ciò può portare a discussioni vivaci – come accade ad esempio per l’acquacoltura – che sfociano in posizioni polarizzate. Oggi, nel mondo, la maggior parte delle società si trova in questa zona grigia e richiede una valutazione rigorosa delle attività aziendali basata, per quanto possibile, su modelli scientifici affidabili.

Illustrando la portata del cambiamento e delle opportunità potenziali che ci aspettano, Elise Beaufils, Deputy Head of Sustainability Research di LOIM, ha dichiarato: “il nostro modello ci dice che solo il 26% delle società che compongono l’MSCI World può essere classificato come sostenibile”. “Se l’80% delle aziende fosse già sostenibile la transizione alla sostenibilità non sarebbe argomento di discussione, ma un problema risolto”.

“Il nostro modello ci dice che solo il 26% delle società che compongono l’MSCI World può essere classificato come sostenibile”.

Ai sensi del Regolamento europeo relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR), gli asset manager sono tenuti a elaborare criteri proprietari per definire un investimento sostenibile, basando la propria interpretazione su quello che potrebbe essere considerato sostenibile da una definizione giuridica di investimento sostenibile basata su tre “test”: contribuire alla transizione, non arrecare un danno significativo e dimostrare una buona governance.

Effettuando tali verifiche emerge chiaramente che nella maggior parte dei casi le aziende non sono né strettamente sostenibili né insostenibili. Si trovano in una strada di mezzo che non favorisce né ostacola necessariamente la transizione.

“Se una società non rappresenta un investimento sostenibile, ciò non significa necessariamente che sia insostenibile” afferma Beaufils, e aggiunge: “Pensate a un’impresa contabile. Non accelera realmente la transizione né la rallenta”. Non è né sostenibile né insostenibile; è quello che noi chiamiamo investimento grigio.

“Ci sono investimenti sostenibili, le cosiddette aziende “verdi”. Poi ci sono gli investimenti grigi, ossia società che non hanno ancora raggiunto la sostenibilità, che contribuiscono solo marginalmente alla transizione o che sono coinvolte in attività che non accelerano la transizione alla sostenibilità. E, infine, ci sono gli investimenti rossi, vale a dire le aziende potenzialmente non sostenibili”.

Oltre a classificare le aziende verdi, il nostro modello segnala che l’11% delle società presenti nell’indice MSCI World sono considerate rosse. A mano a mano che la transizione avanza, continueremo ad analizzare le attività e il restante 63% delle aziende per stabilire se opereranno per accelerare o per contrastare la transizione.

 

A caccia di risposte

Per coinvolgere il pubblico sull’applicazione di questa classificazione delle aziende in verdi, grigie e rosse, Beaufils ha posto un quesito semplice: l’acquacoltura è un investimento sostenibile?

È stato subito evidente che dare una risposta era tutt’altro che facile. Inizialmente, qualcuno tra il pubblico si è concentrato sugli allevamenti di salmone, dove l’anoplura marina (pidocchi di mare) è un problema cronico della pesca scozzese che ha spinto gli allevatori a utilizzare pesticidi per combattere le infestazioni uccidendo, però, anche altre specie marine e danneggiando la biodiversità. Gli allevamenti devono disfarsi di grandi quantità di cascami di pesci, inquinando gli ambienti circostanti. Poiché, inevitabilmente, le reti si rompono nei bacini, i pesci che riescono a sfuggire infettano i salmoni selvatici e sottraggono loro il cibo. Anche le ibridazioni possono avere un impatto negativo.

Tuttavia, più in generale, il settore dell’acquacoltura crea occupazione non solo nelle Isole britanniche, ma anche nel Sudest asiatico e in America Latina. Gli allevamenti di pesci, gamberi, ostriche e altri prodotti ittici generano un’impronta di carbonio di gran lunga inferiore a quella dei bovini allevati nei pascoli e destinati al macello o alla produzione casearia.

Nei prossimi decenni, la produzione di prodotti ittici dovrà aumentare per soddisfare il fabbisogno alimentare di una crescente popolazione umana. Beaufils ha anche affrontato il tema della dieta della salute planetaria – messa a punto da 37 scienziati che lavorano presso la Commission on Food, Planet, Health di EAT-Lancet – che affronta il problema della malnutrizione e del danno ambientale causato dai sistemi alimentari industriali. La dieta della salute planetaria prescrive che il consumo di frutta, legumi e cereali raddoppi entro il 2050 e che rappresenti il 50% delle nostre esigenze dietetiche. Nel frattempo, il consumo di carne rossa dovrà essere dimezzato e il pesce, come fonte proteica, assumerà un ruolo sempre più importante.

Ma com’è possibile aumentare l’offerta di pesce rispetto ai livelli attuali per soddisfare queste esigenze? Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, gli oceani sono già sovrasfruttati: nel 1974 il 90% delle specie ittiche rientrava nei limiti biologicamente sostenibili, a fronte del 64,6% del 2019.

 

L’acquacoltura è verde?

Da un lato, in assenza di sistemi di gestione affidabili, l’acquacoltura può generare rischi ambientali quali perdita di biodiversità e inquinamento. Dall’altro, il settore svolge un ruolo cruciale nel processo di transizione del sistema terra e oceani, ad esempio nel mitigare il cambiamento climatico.

“Qual è la soluzione? Assieme abbiamo elencato tutti i principali problemi associati alle pratiche di acquacoltura”, ha asserito Beaufils rivolgendosi al pubblico. “Ma ne abbiamo esaminato anche i vantaggi, ossia l’impronta di carbonio relativamente modesta rispetto ad altri sistemi che producono proteine animali e il fatto che l’acquacoltura è di vitale importanza nell’ambito della dieta della salute planetaria”.

Questo motore potenziale che traina una robusta domanda di pesce in quanto fonte di proteine a bassa intensità di carbonio promuove l’istituzione di quadri normativi e stimola l’innovazione nelle aziende acquicole, spingendole a incorporare pratiche sostenibili. Beaufils ha posto l’accento sugli standard stabiliti dall’Aquaculture Stewardship Council, che mirano a minimizzare l’inquinamento, a ridurre gli impatti sulla biodiversità e a sfruttare le tecnologie di telerilevamento e i servizi di ricircolo dell’acquacoltura per ottimizzare i regimi alimentari, gestire la qualità dell’acqua e monitorare in tempo reale eventuali focolai di malattie.

“In LOIM, esamineremo le prassi e il modello operativo adottati attualmente dalle aziende aquicole per poter valutare le tecnologie e le pratiche sostenibili innovative utilizzate dagli allevamenti per mitigare i possibili effetti negativi sull’ecosistema, compresi i rischi legati all’inquinamento e ai pesci che sfuggono dai bacini”.

Qual è il verdetto? Potendo accelerare la transizione, l’acquacoltura è stata classificata come attività idonea. Tuttavia, per scommettere su questo settore, gli investitori sostenibili devono individuare le società che cercano di operare rispettando l’equilibrio dell’ecosistema per produrre un alimento base della dieta, vale a dire le aziende che sono riuscite a passare o stanno passando a pratiche sostenibili e che riducono efficacemente gli effetti negativi che generano all’interno del settore.

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